Un po' di Storia
Qualcuno, erroneamente, potrebbe far iniziare la storia di Formello dalla sua prima attestazione del 1026 (bolla di Papa Giovanni XIX) mentre il passato di questo meraviglioso territorio è ben più antico e ricco di evidenze artistiche, archeologiche ed architettoniche che lo testimoniano.
La stessa geologia e morfologia della zona hanno caratterizzato le modalità insediative nei secoli: altopiani tufacei e vallecole risultano incise da acque di superficie che in alcuni casi si approfondiscono in vere proprie gole e forre; il fosso della Mola (o Valchetta o Cremera) dalla valle del Sorbo prosegue il suo percorso fino al Tevere, costituendo quindi un’importante via di collegamento, penetrazione e commercio.
La presenza dell’acqua e del tufo hanno inoltre reso possibile la realizzazione da parte degli Etruschi, tra il VI ed il V scolo A.C., di una vasta rete di Cunicoli volti alla captazione delle acque piovane e/o sorgive per condurle ad un invaso o cisterna di raccolta (Cunicolo degli Olmetti alla Selvotta), oppure al drenaggio da una valle all’altra in modo da poter impedire il dilavamento o l’allagamento dei suoli (Ponte Sodo, Fosso del Lavatore).
Proprio questo ampio sistema di cunicoli avrebbe dato il nome alla città: Formello, infatti, deriverebbe il suo nome da Forma, il termine latino per indicare un acquedotto o canale.
La storia di Formello, a partire dall’VIII secolo a.C. è intrinsecamente legata alla civiltà etrusca della città di Veio, posta solo a circa 5 km a SO, nell’attuale Comune di Roma (Isola Farnese).
Veio è stata una delle più potenti città della dodecapoli Etrusca e, fin dalle origini, nemica della vicina Roma con la quale si scontrava per il controllo del corso del fiume Tevere e delle saline, poste lungo la riva destra della foce del fiume.
Il territorio di Veio (Ager Veientanus), compreso tra il Tevere ad Est e Sud, imonti Sabatini a Nord ed il lago di Bracciano ad Ovest, al di fuori della città vera e propria, estesa su un pianoro di oltre 180 ettari, non
prevedeva ulteriori centri abitativi (le fonti ricordano esclusivamente septem pagi nell’area di frizione con Roma), ma probabilmente singoli edifici rurali di controllo e sfruttamento delle campagne. Tali piccoli
insediamenti si sviluppavano lungo tracciati antichi quale quello che, attraverso il cratere del Sorbo, collegava con il Nord e quelli verso Capena ed il Tevere.
Proprio lungo alcune di queste vie di comunicazioni si estendevano vaste necropoli tra le quali spiccano, nel territorio di Formello, quella di Monte Michele, nella quale si segnala la presenza di una tomba c.d. Principesca (Tomba 5, del 670-650 a.C.) e la vicina tomba Campana, una delle poche tombe dipinte della fine del VII secolo a.C.
Sicuramente il monumento più importante di questo periodo è il Tumulo Chigi su Monte Aguzzo nelle vicinanze di Formello: il tumulo lontano ben 5 km dalla città di Veio è visibile in tutto il territorio
circostante a testimoniare il prestigio della famiglia titolare del sepolcro (i Pepuna), prestigio confermato dal ricco corredo nel quale, tra oltre un centinaio di pezzi ceramici, emergono l’Olpe Chigi, vaso di fattura greca(protocorinzio), policromo, datato al 640 a.C, e il c.d. Alfabetario di Formello, anforetta in bucchero, caratterizzata da una serie di alfabetari e iscrizioni magiche incisi; entrambi i vasi sono conservati nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, ma se ne possono ammirare delle copie fotografiche all’interno del Museo dell’Agro Veientano a Formello, oltre a tutto il resto del corredo.
La presenza di questo importante monumento, isolato dalle altre necropoli, è probabilmente legata al popolamento del territorio che era appannaggio di gradi famiglie locali (come i Pepuna) le quali
controllavano i traffici (in questo caso con e verso Capena) e l’agricoltura.
Dopo la conquista di Veio da parte dei Romani, avvenuta nel 396 a.C., il territorio di Formello seguì la stessa sorte di tutto l’Ager Veientanus: entrato a far parte nel demanio dello Stato il territorio venne distribuito
tra la plebe di Roma, per sanare i dissidi con i patrizi, acuiti da anni caratterizzati da frequenti carestie, e gli ex nemici indigeni (Etruschi, Capenati e Falisci) dimostratisi fedeli alla causa romana.
Nel IV-IIl secolo a.C. il modello di insediamento territoriale rimase quindi uguale a quello etrusco, con una serie di siti sparsi che si mostrano in continuità con la fase precedente.
Questo schema di sfruttamento del territorio non variò almeno fino alla metà del III secolo a.C. quando i Romani ristrutturano il sistema viario precedente realizzando, nel 220 a.C., la via Flaminia diretta verso l’Ager Gallicus, la via Clodia, diretta verso Nord Ovest, ed infine verso la metà del Il secolo a.C. la via Cassia, tutti tracciati che, essendo vie di comunicazione per lunghe percorrenze, tagliavano fuori l’area dell’antica
città di Veio e quella limitrofa (Formello).
Con la seconda guerra punica (218-202 a.C.), la leva militare e ‘inurbamento (a Roma) che ne seguirono iniziarono un processo di decadenza economica, sociale e demografica della piccola e media
proprietà contadina, che cominciò a scomparire a beneficio della creazione di importanti latifondi; inoltre, le campagne militari in Oriente ed in Gallia Cisalpina attirarono maggiormente i piccoli proprietari,
allettati da assegnazioni più generose di terra.
Bisognerà aspettare Cesare e soprattutto Ottaviano Augusto per un rilancio di questi territori, con la creazione di una colonia con il primo e l’istituzione del Municipium Augustum Veiens con il secondo.
I primi secoli dell’Impero videro una ripresa economica e demografica del territorio con la rioccupazione di vecchi siti etruschi/repubblicani e la creazione di nuove ville rustiche come quella del Sorbo, in località
Ponte S. Silvestro, posta vicino ad un corso d’acqua necessario per lo sfruttamento di terreni agricoli. Degna di nota anche la villa in località La Pietrarella, sul versante orientale di Monte Aguzzo, probabilmente dotata di impianti per la produzione di tegole e mattoni.
Di questo periodo inoltre abbiamo testimonianza con una discreta quantità di epigrafi funerarie conservate all’interno del Museo dell’Agro Veientano a Formello.
Tale nuova fase di floridezza economica e di insediamenti sembra terminare tra il Il ed il III secolo d.C.
Con gli inizi del IV secolo d.C. il territorio fu soggetto ad una nuova ristrutturazione delle proprietà che vennero accorpate in grandi centri produttivi che probabilmente dovevano rifornire il mercato dell’Urbe.
Già alla fine dell’età Costantiniana si cominciarono a formare nuclei di proprietà ecclesiastica (le fonti parlano di fundi in agro vegetano, per l’approvvigionamento della cattedrale di Ostia e del Titulus Silvestri, parrocchia romana).
Forse ad uno di questi nuclei potrebbe essere legata la piccola comunità cristiana che seppelliva i suoi defunti nella Catacomba di Monte Stallone, rinvenuta vicino à Monte Aguzzo, a Formello.
Tra il V ed il VIl secolo d.C. I’talia, ma in particolar modo il territorio intorno a Roma, attraversò uno dei periodi più devastanti e difficili essendo posta sotto assedio degli eserciti Goti prima (la guerra greco-
gotica durò vent’anni, dal 537 al 553 d.C.) e Longobardi dopo, con le campagne soggette a continue devastazioni e saccheggi.
Bisognerà aspettare la metà dell’VIII secolo d.C. per una nuova ridefinizione di dominio territoriale, che venne attuata attraverso la costituzione di colonie agricole denominate Domuscultae.
Queste fattorie assolvevano due compiti: approvvigionavano le proprietà ecclesiastiche sfruttando terreni che erano diventati incolti e, politicamente, riaffermavano il potere ecclesiastico in luoghi dove l’aristocrazia militare locale stava prendendo sempre più importanza.
Nella campagna romana ne vennero realizzate nove. Inizialmente ad opera di Papa Zaccaria (741-752) e a seguire di Papa Adriano I (772-795) e di Papa Leone III (795-816).
Adriano I ne creò quattro e, tra queste, quella Capracorum (secondo le fonti tra il 775 ed il 780 d.C.), che fu una delle più grandi per estensione territoriale occupando quasi tutto il territorio dell’antico Ager Veientanus.
Il centro della Domusculta Capracorum era situato nell’attuale territorio di Formello a circa 4 chilometri a sud dell’abitato moderno, nella località Monte della Chiesola (o Poggio della Chiesa), lungo la via oggi chiamata di Santa Cornelia.
Sui resti di una tenuta agricola di età romana (con una continuità di vita dal Il secolo a.C. al VII d.C.), vocata soprattutto ad una produzione vitivinicola, venne realizzata una chiesa (dedicata dallo stesso Adriano I a
San Pietro e nella quale furono traslate le reliquie dei Santi Pontefici Cornelio, Lucio, Felice ed Innocenzo), un battistero e un atrium, nonché fu realizzato un impianto domocoltile.
L’intero complesso fu fortificato all’inizio del IX d.C. per poi essere distrutto alla fine dello stesso secolo. Solo intorno al 1000 si ricostruirà una nuova chiesa più grande ed un monastero documentato come
Monasterium Sancti Cornelii.
Infatti, le continue scorrerie dei saraceni nel IX-X secolo, l’emergente élite aristocratica militare, infine gli altri enti ecclesiastici, quali abbazie e monasteri (riformati su impulso di Alberico II, 912-954 d.C. a favore del principe di Roma) determinarono la fine del sistema delle Domuscultae e soprattutto del modello insediativo sparso.
Le proprietà terriere non furono più direttamente papali, ma di grandi monasteri: nell’agro Veientano erano presenti i possedimenti di San Paolo fuori le mura, SS. Cosma e Damiano e SS. Bonifacio e Alessio sull’Aventino.
In particolare, San Paolo fuori le mura divenne uno dei più importanti monasteri di Roma avendo in gestione un immenso patrimonio fondiario nel quale spiccavano una serie di castra posti in altura, spesso distanti dalla viabilità principale, difesi naturalmente ma anche da palizzate lignee o in muratura, dove si rifugiavano le popolazioni delle campagne circostanti.
Tra questi proprio Formello, nominato per la prima volta nella succitata Bolla di Papa Giovanni XIX nel 1026, per la sua Pieve di proprietà del Vescovo Pietro di Selva Candida, ma poi ribadito come possedimento di
- Paolo fuori le mura in un’altra Bolla di Papa Gregorio VII della seconda metà dell’XI secolo (1081 d.C.). È molto probabile che la fondazione del Castrum Formelli sia da imputare ai monaci di San Paolo fuori le mura forse già nella seconda metà del X secolo d.C.; la dedica della pieve urbana proprio a San Paolo sembrerebbe avvalorare questa ipotesi.
Questi documenti sono esemplificativi del nuovo assetto territoriale: il sistema si basava su una serie di Pievi che a loro volta avevano delle pertinenze (Tituli) inserite o in insediamenti fortificati (castra) o in campagna; dalla Pieve di San Paolo in Formello dipendevano ben 11 Tituli tra i quali due all’interno del castrum, San Lorenzo e San Giovanni, e gli altri lungo la Valle del Sorbo ed il corso del Cremera, importante via locale di collegamento tra la Cassia e La Flaminia. Tra questi si segnalano San Valentino in Criptullo,
all’interno del castellum diroccato in località Grottefranca, ad 1 km ad Ovest di Formello, S. Silvetro in Columpnella, nei pressi dell’omonimo ponte nella Valle del Sorbo, e S. Genesio in Dalmatia probabilmente ubicato all’interno di un castrum diroccato su Monte Musino.
Il dominio del Monastero di San Paolo fuori le mura ed il sistema pievano perdurarono almeno fino alla seconda metà del XIll secolo .C. quando si registra la perdita di influenza del Monastero in concomitanza con l’intervento della famiglia Orsini, allorché Papa Nicolò III (Giovanni Gaetano Orsini, 1277-1280) concesse Formello agli Orsini, che divennero cosi signori di questo feudo.
In primo luogo, gli Orsini provvidero a fortificare il castrum, realizzando una Torre in tufelli nella porzione settentrionale, e costruendo una cinta muraria a difesa del borgo. Il mastio era separato dal resto del borgo, posto a sud, da una palizzata ed un fossato e, probabilmente, le fortificazioni Orsiniane potrebbero aver volutamente obliterato l’antica Pieve dedicata a San Paolo per motivi politici e funzionali: tutti i vari
castra circostanti scomparvero a favore di un unico centro, di proprietà dei nuovi feudatari.
Nel 1236, quindi circa 40 anni prima dell’avvento degli Orsini, oltra a S. Lorenzo venne inserita nell’elenco delle parrocchie la chiesa di S. Michele Arcangelo, di fondazione sicuramente precedente, che testimonia
un’importante culto Micaelico probabilmente legato al passaggio di pellegrini che si recavano a Roma e poi verso il Gargano. Ciò, inoltre, attesta che la via attraverso Formello e, precedentemente, Campagnano
doveva essere diventata una variante della via Cassia, probabilmente spesso non fruibile nella depressa e paludosa valle di Baccano.
Il feudo di Formello avrà un intricato excursus, caratterizzato da ipoteche e pegni oltre che da passaggi e donazioni sottoscritti al fine di ottenere il massimo profitto dalla Comunità.
Nel 1433 i diritti vantati sopra Formello sono donati al Card. D. Giordano Orsini da Francesco Orsini conte di Gravina. Nel 1544 è affittato da donna Francesca Orsini al Card. D. Giovanni Salviati per la corrisposta di
scudi 750 annui. Nel 1557 il castello di Formello risulta venduto da Paolo Giordano Orsini al Cardinale Farnese, successivamente riacquistato dagli stessi Orsini.
È noto quali fossero le prerogative dei Signori nei loro feudi: imporre tributi, richiedere contribuzioni straordinarie, usufruire di prestazioni manuali, stabilire delle lucrose privative sui forni, sui frantoi, sui mulini; inoltre, a loro spettava il controllo della vita amministrativa e finanziaria oltre che tutti gli aspetti di diritto politico e civile; in cambio i Signori cercavano di dare al feudo sicurezza nella convivenza civile.
L’interesse degli Orsini per il feudo è testimoniato dall’edificazione del Palazzo, costruito nel Quattrocento intorno al precedente mastio medievale, dominante il borgo in altura e cinto da mura con torre angolare rotonda. Gli interni hanno restituito in parte i fregi decorati che glorificano la famiglia Orsini e quelle ad essa collegate: nella Sala Della Rovere si rinviene lo stemma della famiglia Della Rovere quasi a celebrare
il matrimonio, avvenuto nel 1506, tra la figlia di Papa Giulio II (Giuliano Della Rovere, 1503-1513), Felice, e Gian Giordano Orsini, mentre nella Sala Grande si celebra l’unione tra Paolo Giordano I Orsini e Isabella dei
Medici nel 1558.
È soltanto intorno al XVI sec. e per cause indotte, che la comunità di Formello riuscì gradualmente ad ottenere una certa autonomia. Le controversie tra il feudatario e la popolazione per i donativi e
l’aumento delle semine costituiscono le premesse per un accordo. Il feudatario, spinto dall’impellente bisogno di denaro, fu disposto a barattare i donativi con concessioni, si perviene così ad un accordo,
stipulato nel 1578, che fa seguito alla stesura dello Statuto del 1544. Rispetto a quelli di altre comunità lo Statuto di Formello non va comunque oltre la giurisdizione amministrativa, lasciando tutti gli aspetti
di diritto politico e civile all’autorità assoluta del feudatario.
L’evoluzione economica e sociale nel XVI e XVII sec. non troverà una sua logica trasposizione in un movimento di rinascita comunale; la lunga soggezione al centralismo papale e a quello baronale, determineranno un lungo periodo di acquiescenza.
Formello risultò venduto, per la somma di scudi 345 mila con istrumento 5 Settembre 1661, alla famiglia Chigi, dopo che le possessioni di esso sono state accettate nel 1623 da Paolo Giordano Orsini: la vendita fu
comunicata ai Massari, con una lettera del duca Orsini: Passerete sotto il dominio delli signori pieni di benignità e clemenza colla quale siamo certi sarà governato codesto popolo.
I Chigi, nuova famiglia proveniente dalla classe mercantile e non dalla vecchia nobiltà come gli Orsini, dovettero la loro ascesa ai notevoli successi conseguiti in campo commerciale e ai favori ottenuti grazie alla
politica nepotista di Fabio Chigi, salito al trono pontificio con il nome di Papa Alessandro VII (1655-1667); in particolare lo “Stato di Campagnano”, che comprendeva i feudi di Formello, Cesano e Sacrofano, fu affidato al Cardinale Flavio Chigi nipote di Alessandro VII.
La politica dei Chigi in Formello ricalcò nelle linee generali quella degli Orsini, regolata dagli statuti orsiniani su forme feudali, effettuando tuttavia rilevanti investimenti per la valorizzazione delle terre: a tal proposito è da menzionare il riacquisto di quei terreni venduti dagli Orsini a privati (soprattutto forestieri).
Nell’archivio Chigi si conserva un documento del 4 Luglio 1662 dal quale si rileva che le strade dalla Storta a Formello e da Formello a Campagnano furono costruite per ordine del Card. Flavio Chigi per la somma di scudi 1.283,08, sotto la direzione dell’architetto Felice della Greca. In questa vi è compresa la costruzione di una piazza, forse l’attuale Piazza Donato Palmieri.
L’importanza di queste operazioni economiche va inserita in una logica di conservazione dell’unità economico-sociale, che consentirà al borgo di mantenere, all’inizio dell’epoca moderna, le sue peculiari caratteristiche di vita e di produzione; si realizzarono altre opere pubbliche come i due
ponti sul Cremera: dell’isola nel 1662, del passo di Campagnano nel 1697, entrambi distrutti da uno straripamento del fiume.
Queste opere come altre quali l’impianto di colture come quella dell’olivo e la riattivazione di strutture produttive come la Mola vecchia dell’olio (1664) ebbero un effetto propulsivo sulle attività economico-sociali del vecchio borgo ancora legato alle forme feudali; si favori così l’immigrazione e la nascita di una borghesia locale.
Non mancarono ovviamente opere legate al prestigio della nuova famiglia feudale: fin dal primo anno di insediamento il cardinale Flavio fece restaurare e riarredare il palazzo degli Orsini, che da questo
momento fino ad oggi viene ricordato come Palazzo Chigi, completando la sopraelevazione del secondo piano e realizzando una cappella e un Appartamento Novo, nobilitato da soffitti lignei dipinti con uccelli, rami fioriti e foglie; al piano terra del palazzo inoltre sistemò un Museo delle curiosità naturali, peregrine, ed antiche nonché reperti frutto di scavi archeologici da lui patrocinati nel territorio, raccolta antiquaria quasi antesignana dell’odierno Museo dell’Agro Veientano.
Ma il cardinale più che il palazzo amava il suo “Casino di delizie” e di caccia ossia quella Villa Versaglia che si era fatto costruire a partire dal 1665 e che, così scherzosamente denominata, doveva esse la sua piccola
Versailles. In realtà la villa era un casale nobilitato dall’eleganza delle finiture e dalla bellezza dei giardini.
Dopo la morte di Flavio Chigi, nel 1693, l’interesse per Formello da parte dei Chigi andò man mano diminuendo. Nel corso del Settecento lo Stato della Chiesa, inoltre, comincio ad ingerire nei rapporti tra feudatari e sudditi, con l’istituzione della congregazione del Buon Governo, che favorì con una politica di crediti lo sviluppo della popolazione.
Purtroppo, una serie di crisi economiche e sociali rese inutili gli sforzi del governo centrale e la comunità di Formello sprofondò in abissi di povertà mai raggiunti precedentemente.
Così, alla viglia dell’arrivo dei francesi in Italia, la debolezza dei contadini, il modificarsi della natura, degli scopi della comunità e della politica amministrativa del principe e dei pochi borghesi saranno condizioni sufficienti a testimoniare come la comunità di Formello fosse ben lontana dalla modernizzazione, che pur era iniziata anche nello Stato della Chiesa, e da una corretta distribuzione delle terre.
Dovremmo giungere molto più vicino a noi, all’inizio del secolo XX per vedere l’Università Agraria, erede dell’antica comunità, cominciare ad affermarsi per forza propria ed affrontare i problemi della sua
autonomia sotto l’influenza del socialismo.
- La Ragione nella sua opera ci ha lasciato un quadro chiaro della “storia di Formello” in questo periodo:
… Intanto il verbo socialista o neomarxista faceva progressi; l’amministrazione comunale fino allora affidata al partito cosiddetto borghese o ricco, veniva rovesciato e costituito da esponenti contrari. Ma prima era avvenuto un fatto che dà un orientamento diverso alla politica locale. La sete di avere terre da lavorare invade principalmente i castelli romani dove si reclama a gran voce di concedere al popolo il patrimonio
terriero, specie quello gravato di servitù civiche… per colmo è proclamato dal Governo Giolitti, che le invasioni non sono punibili come reato comune ma come figura di arbitrio delle proprie ragioni. Ce n’era abbastanza per legittimare le richieste, più o meno legali per avere terre. I più sensati non aspettarono le invasioni fecero spontaneamente delle concessioni ai contadini; ma i più resistettero… e venne la volta di Formello dove esiste un terreno comunale detto “Selva Piana”, concesso fino allora al bestiame locale
col pagamento della cosiddetta fida. Era un appezzamento a riposo da tanti anni e creduto ottimo per la semina a grano. A gran voce fu richiesto dal popolo anche a mezzo di petizione alla Prefettura. La civica amministrazione non credette accordare la concessione, avendo in animo di affittare ad un
alto saggio di corrisposta… di qui l’urto. Il 7 gennaio 1903 si organizza l’invasione… si chiama la forza armata… avvengono collisioni… si sospende l’invasione… e si conclude per la concessione richiesta, facendo il reparto della terra in tanti appezzamenti. Con Selva Piana si apre la serie delle concessioni delle terre comunali.
Nel 1909 tutti i beni gravati di servitù civica, prima amministrati dal Comune passano all’Università Agraria che ne incassa le rendite e specialmente dirigeva l’attività alle rivendicazioni di diritti civici, sostenendo le molte cause necessarie per dette rivendicazioni, fino a che l’anno 1923 l’Autorità Governativa intese sopprimerla… facendo ritornare all’amministrazione comunale, ma con la clausola della temporaneità… anche un altro istituto connesso al patrimonio terriero, ossia la Cassa di Prestanza Agraria fu
soppressa l’anno 1929, ed incorporato con l’Istituto di Credito Agrario… aveva lo scopo di sovvenzionare i piccoli agricoltori coi prestiti in denaro su cambiali garantite d’avallo.
L’anno 1913 la nuova amministrazione civica decide con l’autorizzazione Prefettizia di concedere per 29 anni a tutti i padri di famiglia un ettaro di terra con la clausola della riconsegna alla fine della concessione ma circondata da garanzie che il beneficio si trasformi in perpetuo…
Solo la riforma fondiaria approvata in Parlamento nel 1950 riuscì a far raggiungere l’obiettivo del possesso della terra.
Ma l’agricoltura ormai non era più il cuore pulsante del paese.